Liberté, Égalité, Fraternité. Sì, ma senza di te
Commento sul divieto di indossare l’abaya nell’ambiente scolastico francese
“Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla Legge”. Questo è quanto stabilisce l’articolo 10 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, tuttora legge costituzionale della Francia.
Chi l’avrebbe mai detto che, a distanza di 234 anni dalla stesura di questo encomiabile documento, un pezzo di stoffa avrebbe “turbato l’ordine pubblico stabilito dalla Legge”. Di sicuro non se lo immaginavano gli illuministi di fine Settecento, intenti in quel periodo a distruggere il vecchio sistema di valori che invece obbligava gli uomini e le donne alla schiavitù totale, dove la piena manifestazione del proprio essere era fantasia e quando per la quasi totalità degli uomini e delle donne essere ed esistere non erano la stessa cosa.
Ieri, 4 settembre 2023, in Francia non era il primo giorno di scuola per 67 ragazze. Perché? Indossavano un pezzo di stoffa che manifestava il loro essere, la loro identità.
Secondo il ministro dell’istruzione francese sono infatti “300 le allieve che si sono presentate con l’abaya1 per entrare in classe”. Di queste, 233 si sono conformate al divieto ministeriale strappandosi il vestito di dosso in un atto formale di ritorno allo schiavismo prerivoluzione. Nel 2023, però, le catene sono invisibili e, soprattutto, più dolorose.
Le altre 67? Sono state costrette a “ritornare a casa” e a meditare su chi abbia ragione e chi torto: se loro o la società.
L’Aabaya è un ampio soprabito semplice e modesto, simile ad una veste, indossato da alcune donne in alcune parti del mondo musulmano tra cui il Nord Africa, la penisola arabica e gran parte del Medio Oriente.